GEOGRAFIA
Definizione
La geografia, che letteralmente significa “descrizione o scrittura della Terra”, dai termini greci “gheo” (Terra) e “grafia” (descrizione o scrittura), è la disciplina che studia e rappresenta la Terra stessa. Si può affermare che la Storia si relaziona con il fattore “tempo”, mentre la geografia si relaziona con il fattore “spazio” (Storia : tempo = geografia : spazio).
Tipi
Esistono due grandi branche di questa disciplina: la “geografia fisica”, che riguarda la natura (descrizione morfologica di montagne, colline, pianure, fiumi, laghi, mari, oceani…) e la “geografia umana”, che riguarda l’uomo (descrizione antropica di Stati, regioni, province, città, ma anche di aspetti come popolazione, politica, economia, demografia…).
Paralleli-Meridiani
I geografi hanno diviso la Terra in una rete di linee immaginarie, dette “paralleli” e “meridiani”, che servono per localizzare qualsiasi punto sulla superficie terrestre. I paralleli sono circonferenze equidistanti, che tagliano la Terra fra i due poli, in senso orizzontale. Il parallelo più lungo è l’Equatore, che divide il pianeta in due parti uguali: Emisfero Boreale (a Nord) ed Emisfero Australe (a Sud). Altri paralleli importanti sono i due Tropici (Cancro a Nord e Capricorno a Sud) e i due Circoli Polari (Artico a Nord e Antartico a Sud). I meridiani sono semicirconferenze di egual misura, che tagliano la Terra unendo i poli, in senso verticale. Il meridiano più importante è quello di Greenwich (in Inghilterra), detto “meridiano zero”. Ad ogni meridiano (mezzogiorno) corrisponde un antimeridiano (mezzanotte), che sta all’esatto opposto.
Latitudine-Longitudine
Per sapere esattamente dove si trova un luogo, bisogna conoscere le sue coordinate geografiche (espresse in gradi): latitudine (orizzontale) e longitudine (verticale); la prima indica la distanza angolare di un punto dall’Equatore (a Nord o a Sud), la seconda indica la distanza angolare dello stesso punto dal meridiano di Greenwich (a Ovest o a Est).
Per sapere esattamente dove si trova un luogo, bisogna conoscere le sue coordinate geografiche (espresse in gradi): latitudine (orizzontale) e longitudine (verticale); la prima indica la distanza angolare di un punto dall’Equatore (a Nord o a Sud), la seconda indica la distanza angolare dello stesso punto dal meridiano di Greenwich (a Ovest o a Est).
Fusi
In ogni località è mezzogiorno quando il Sole culmina sul relativo meridiano ed è mezzanotte quando il Sole arriva sul relativo antimeridiano. In un preciso istante, sul pianeta esistono contemporaneamente innumerevoli ore differenti. Nel 1847, si è stabilito di dividere la superficie terrestre in 24 fasce verticali, chiamate “fusi” (delimitate dai vari meridiani): ad ogni fascia corrisponde una determinata ora (verso Ovest si scala di un’ora, verso Est si incrementa di un’ora) Nel 1972, si è adottato il “Tempo Coordinato Universale”, tenendo come riferimento la fascia del fuso orario che contiene al centro il meridiano di Greenwich (l’Italia è all’interno della fascia-fuso successiva e ha quindi un’ora in più rispetto l’Inghilterra).
Carte
La carta geografica è un disegno che rappresenta un territorio. Quasi sempre risulta essere approssimata, di certo deformata “in proiezione” (per trasferire una superficie quasi sferica su di un piano) e ovviamente ridotta “in scala” (per riportare gli elementi di un territorio grande in uno spazio piccolo); resta comunque lo strumento principale per lo studio della geografia. Ci sono diversi tipi di carte geografiche: “carta topografica” (rappresenta una parte estesa di territorio), “mappa” o “pianta” (rappresenta una parte più piccola di territorio), “carta fisica” (rappresenta gli aspetti naturali, come montagne, pianure, fiumi…), “carta politica” (rappresenta i confini degli Stati, regioni, città…), “carta tematica” (rappresenta vari aspetti con differenti colori, come clima, economia, demografia…); ogni carta geografica ha dei simboli, che di solito vengono descritti nella legenda, all’interno di un riquadro, posizionato sulla carta stessa.
Tabelle-Grafici
In alternativa alle carte geografiche, per rappresentare i vari dati, si usano tabelle e grafici. Nelle tabelle si indicano i vari dati, ordinati all’interno di righe e colonne, per essere raffrontati fra loro; spesso, i dati non vengono messi a confronto solo per un determinato momento, ma si analizza anche la loro variazione nel corso del tempo. Nei grafici i vari elementi vengono rappresentati e confrontati sotto forma di un disegno molto semplice, facilmente comprensibile al primo sguardo (più numeri trasformati in un immagine). I grafici più usati sono i seguenti: “a torta” (areogrammi), “a colonne” (istogrammi), “con simboli” (ideogrammi), “con variabili X-Y” (diagrammi cartesiani). I dati più comunemente trattati, raffrontando “statisticamente” diverse aree del mondo, solitamente riguardano due ambiti: economia (Prodotto Interno lordo, Debito Pubblico, occupazione, disoccupazione…) e demografia (natalità,mortalità, immigrazione, emigrazione…).
Clima
Con la parola “clima” si intende l’insieme delle condizioni atmosferiche (temperatura, umidità, precipitazioni, pressione atmosferica, venti) che caratterizzano una certa regione in un periodo di tempo abbastanza lungo (decenni), mentre l’espressione “meteo” indica la situazione delle condizioni atmosferiche di una stessa zona, in un periodo di tempo piuttosto breve (giorni). Il clima è il fattore fisico che più influenza la distribuzione dell’uomo sulla Terra (pianeta con grande varietà climatica): condiziona le coltivazioni, che possono essere praticate in determinate zone (quelle temperate), ma può anche rendere impossibile o quasi la vita in altre zone (come deserti, ghiacciai, alture).
Elementi
Gli elementi che determinano il clima di una regione sono i seguenti: temperatura (gradi), umidità (percentuale), precipitazioni (millimetri), pressione atmosferica (millibar), venti (nodi).
Fattori
I fattori che influenzano il clima di una regione sono i seguenti: altitudine (altezza dal livello del mare), latitudine (distanza angolare dall’Equatore), catene montuose (grandi gruppi di alture), boschi-foreste (vaste aree con fitta vegetazione), mari-oceani (grandi masse d’acqua). Altitudine. L’atmosfera è più densa vicino al suolo, mentre è più rarefatta man mano che si sale dal livello del mare; inoltre, l’aria più densa trattiene una maggiore quantità del calore diffuso dai raggi solari. Quindi, la temperatura risulta essere più elevata sul livello del mare e più bassa con l’aumento dell’altitudine (di 1 °C ogni 160 metri). Latitudine. Minore è la distanza angolare dall’Equatore, maggiore è l’irradiazione dei raggi del Sole (più caldo). Catene montuose. Il passaggio di venti e nubi risulta essere ostacolato dalla presenza di catene montuose, che fungono da barriera, riducendo le precipitazioni e di conseguenza influenzando il clima, delle zone circostanti. Il versante settentrionale delle Alpi è più piovoso di quello meridionale, perché è maggiormente esposto alle masse di aria umida, di origine atlantica, provenienti da Nord-Ovest. Boschi-Foreste. Boschi e foreste influenzano il clima di una regione per due motivi: il primo consiste nel fatto che la fitta vegetazione impedisce ai raggi solari di raggiungere il terreno, che successivamente fatica ad irradiare calore nell’aria circostante (diminuzione della temperatura), mentre il secondo è dovuto alla maggiore produzione di vapore acqueo, generata dalle tante piante, che porta ad un incremento dell’umidità presente nell’aria (aumento della temperatura). Mari-Oceani. Durante il giorno (come anche nell’arco dell’estate) il mare si riscalda meno rispetto alle terre interne e durante la notte (come anche nell’arco dell’inverno) si raffredda in minor misura; per questa ragione, le zone bagnate dall’acqua presentano una minore escursione termica (sbalzo di temperatura), rispetto all’entroterra. Si può quindi affermare che le grandi masse d’acqua (oceani, mari, laghi) hanno una funzione “termoregolatrice”: le zone costiere risulteranno essere più fresche d’estate e più miti d’inverno, rispetto alle terre interne. Inoltre, i mari-oceani sono attraversati anche da correnti marine (calde o fredde), che influenzano il clima delle aree litoranee, toccate dalle correnti stesse. La Norvegia, lambita dalla “corrente calda del Golfo” (Messico), ha un clima più mite della Groenlandia, lambita dalla “corrente fredda del Labrador” (Canada).
Fasce
La Terra è suddivisa in cinque grandi fasce climatiche (in base alla latitudine e quindi all’irraggiamento solare): zona “calda tropicale” (Tropico del Cancro-Tropico del Capricorno), zona “temperata boreale” (Circolo Polare ArticoTropico del Cancro), zona “temperata australe” (Circolo Polare Antartico-Tropico del Capricorno), zona “polare artica” (Circolo Polare Artico-Nord), zona “polare antartica” (Circolo Polare Antartico-Sud). Ma ci sono altri elementi che invece variano il clima all’interno delle fasce climatiche stesse: altitudine (influenza la temperatura), precipitazioni (influenzano l’umidità), pressione atmosferica (influenza i venti); quest’ultima è maggiore nelle zone più fredde (anticicloni), con l’aria fredda che scende verso il basso (perché più pesante), mentre è minore nelle zone più calde (cicloni), con l’aria calda che risale verso l’alto (perché più leggera). L’aria calda che si accumula al suolo, nelle zone di alta pressione (A), fluisce così verso le zone di bassa pressione (B), per poi risalire e tornare verso l’area di partenza, generando il fattore vento (dovuto alla differenza di pressione A-B); la rotazione della Terra poi, imprime un movimento orizzontale (Ovest-Est) a questi “fiumi di aria” (che generano venti e perturbazioni).
Bioma
Un bioma o ambiente naturale è una zona della superficie terrestre (territorio) caratterizzata dalla presenza di determinati tipi di vegetazione (flora) e di specie animali (fauna). Nella Terra esistono diversi biomi (caratterizzati da diverse temperature): bioma dei climi freddi (taiga, tundra, alta montagna), bioma dei climi temperati (prateria, macchia mediterranea, boschi di latifoglie), bioma dei climi caldi (savana, foreste pluviali), bioma dei climi aridi (deserto).
Cambiamenti
La Terra è soggetta a continui cambiamenti climatici: dall’Era Glaciale (10.000 anni fa) fino alla Rivoluzione Industriale (1760-1830) la temperatura è sempre andata crescendo, con un’impennata dal Secondo Dopoguerra (1945), dovuto al massiccio uso dell’uomo di combustibili fossili (carbone, petrolio, gas), nelle aree più densamente popolate (città), provocando il noto “effetto serra” (riscaldamento della Terra, scioglimento dei ghiacci, innalzamento dei mari).
Demografia
La geografia fa largo uso della demografia (studio della concentrazione-variazione della popolazione), utilizzando la sua specifica metodologia e i suoi risultati (“statistici”); le due discipline non si sovrappongono: in questo caso la geografia concentra la propria indagine sulle implicazioni “spaziali” dei fenomeni demografici; infatti, con il termine “popolazione” ci si riferisce ad un insieme di uomini (unito da un comune patrimonio genetico, storico e culturale) e allo spazio da loro abitato (che ne costituisce il territorio vitale). Unendo le due discipline: “geografia demografica”. La geografia si concentra quindi sulla distribuzione dell’uomo sulla superficie terrestre, mentre la demografia si occupa della concentrazione-variazione della popolazione stessa; quest’ultima grandezza quantitativa è determinata da vari indicatori (tasso di natalità-mortalità, tasso di crescita-diminuzione, saldo naturale, saldo migratorio, saldo popolazione, speranza di vita alla nascita, fecondità media…), mentre la distribuzione degli abitanti sul territorio dipende da fattori naturali (clima, territorio…) e antropici (città, vie di comunicazione…), ma anche politici-economici (pace-guerra, ricchezza-povertà…) e sociali (religione, flussi migratori…).
Distribuzione
La presenza dell’uomo sulla Terra non è uniforme: esistono aree della superficie terrestre fortemente abitate (dette “ecumene”) e altre scarsamente popolate o del tutto disabitate (dette “disecumene”); le prime regioni si trovano in zona “temperata boreale” e in zona “temperata australe”, mentre le seconde si trovano in zona “calda tropicale”, in zona “polare artica” e in zona “polare antartica”. Ma anche nell’ecumene stesso la distribuzione della popolazione non è uniforme; pure qui esistono aree fortemente abitate ed altre scarsamente popolate, considerando che il 90% della popolazione vive nell’Emisfero Boreale (settentrionale) e solamente il 10% in quello Australe (meridionale). Il clima, come il territorio, è il fattore fisico che più influenza la distribuzione dell’uomo sulla Terra (pianeta con grande varietà climatica-ambientale): condiziona le coltivazioni, che possono essere praticate in determinate zone (quelle temperate, con fertilità del suolo e presenza di acqua), ma possono anche rendere impossibile o quasi la vita in altre zone (come deserti, ghiacciai, alture).
Crescita
La disparità della crescita demografica è fra le principali cause del recente sconvolgimento nel rapporto uomoambiente: l’impetuoso incremento della popolazione mondiale, nel corso della Storia (10000 AC → 10 milioni di persone, 2050 → 10 miliardi di persone), ha portato oggi ad un forte squilibrio, con i Paesi non industrializzati (Terzo Mondo) che restano afflitti da un tasso di crescita altissimo e difficilmente controllabile, mentre i Paesi industrializzati (Primo-Secondo Mondo) sono riusciti ormai a contenere la crescita, fino a quasi annullarla (ma tutto ciò ha portato al progressivo e problematico invecchiamento della popolazione); questo fenomeno globale ha determinato la migrazione economica di forze giovani, dai Paesi in via di sviluppo (detti “periferia”), verso i Paesi cosiddetti avanzati (detti “centro”). Il problema centrale del XXI secolo sarà proprio lo squilibrio tra le risorse disponibili (consumate in netta prevalenza dai Paesi più ricchi) e la crescita della popolazione mondiale (in vertiginoso aumento nei Paesi più poveri).
Storia
Diecimila anni fa (nel Neolitico), uomo passò dallo status di cacciatore-raccoglitore (nomade) a quello di agricoltore (sedentario); in una lenta progressione, la crescita della popolazione coincideva con l’aumento delle risorse disponibili, provenienti dall’agricoltura stabile, la quale diede il via allo sviluppo delle città (la prima sfamava le seconde, ricevendo in cambio manufatti) e successivamente agli scambi fra i centri urbani stessi (commercio). In Europa, questo trend si interruppe più o meno in corrispondenza della diffusione della “peste nera” (1347-1352), ma l’incremento demografico riprese per poi aumentare vertiginosamente, favorito dalla “Rivoluzione Industriale” (1760-1830), che consentì un ritmo di crescita della produzione ancora maggiore di quello della popolazione, che aumentava grazie a diversi fattori (maggiori risorse alimentari, progressi della medicina, miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie…). Ad un certo punto (1850-1970), l’enorme aumento della popolazione europea determinò una pressione demografica troppo forte (le campagne erano sovrappopolate e la manodopera non trovava lavoro stabile nelle fabbriche), perciò iniziarono le migrazioni oltreoceano (America Settentrionale, America Meridionale e Australia), grazie allo sviluppo dei trasporti marittimi (veloci ed economici); in questo periodo ci furono anche massicce migrazioni interne (nello stesso Paese, con zone diversamente sviluppate, come l’Italia: Sud → Nord, campagna → città, montagna → pianura). Negli ultimi cinquant’anni circa (1970-oggi), si è interrotto il flusso migratorio dall’Europa verso l’esterno, per lasciare il posto ad un flusso migratorio in senso contrario, proveniente perlopiù da Asia, Africa e America Meridionale, generando tensioni sociali, ma anche fornendo forza lavoro, alleggerendo l’elevato incremento naturale dei Paesi di origine e frenando il declino demografico dei Paesi di arrivo.
Lingua-Religione
La popolazione sulla Terra è composta da varie etnie, le quali si distinguono in base a determinati aspetti (comuni al proprio interno): lingua, religione, genetica, Storia, cultura…. La lingua è un elemento particolarmente indicativo per evidenziare i vari raggruppamenti umani, distribuiti sul nostro pianeta; le lingue più diffuse sono le seguenti: Cinese (sino-tibetano), Spagnolo-Portoghese (indoeuropeo), Inglese (indoeuropeo), Arabo (semitico), Hindi (indoeuropeo), Russo (indoeuropeo). La religione è un importante fattore di aggregazione, ma anche un’inesauribile fonte di divisione e conflitto; le religioni più diffuse sono le seguenti: Cristiana (cattolica, protestante, ortodossa), Islamica (sunnita, sciita), Ebraica (monoteista), Induista,
(politeista), Buddista (politeista)
Urbanizzazione
La geografia urbana è una parte della geografia umana, che studia la “città” in tutte le sue forme e manifestazioni: percezione-organizzazione-trasformazione-evoluzione dello spazio urbano, non solo dal punto di vista fisicoterritoriale, ma anche da quello politico-economico-sociale-culturale.

Trend
Seimila anni fa, nacquero le prime città e da allora la popolazione urbana ha sempre continuato a crescere (1900 → 10%, 2008 → 50%, della popolazione mondiale): oggi, i cittadini sono oltre la metà degli abitanti della Terra e si stima che nel 2050 diventeranno i due terzi (2050 → 75%); ma in particolare, il primo fenomeno di forte “urbanizzazione” (spostamento in massa della popolazione, dalla campagna alla città) lo si può collocare in Inghilterra, con la Rivoluzione Industriale (1760-1830), processo che ha poi coinvolto tutta l’Europa e il Nord America (fino al 1970). Oggi, nei Paesi cosiddetti avanzati è in atto un fenomeno inverso rispetto all’“urbanizzazione” (che ora sta crescendo nei Paesi in via di sviluppo), ovvero il processo di “decentramento urbano”: la tendenza a spostare le attività produttive (secondario) e le zone residenziali, al di fuori della città, mentre all’interno si consolidano le attività amministrative (terziario) e le aree culturali; l’opposto di quello che sta succedendo nei Paesi in via di sviluppo, nelle cui città (in forte crescita) si trovano zone residenziali ricchissime (lussuose) attigue ad aree popolari poverissime (fatiscenti).
Storia
Storia
Seimila anni fa, comparvero le prime città, in vaste pianure agricole, lungo grandi fiumi e vicino alle vie commerciali: in Mesopotamia (Iraq), nella valle del fiume Indo (Pakistan) e successivamente lungo il fiume Nilo (Egitto). Nel VI secolo AC, in Grecia si strutturarono le prime Città-Stato (poleis): organismi più complessi (aspetto politicosociale) e più organizzati (aspetto militare-commerciale), come si nota osservando la struttura delle città stesse (palazzi del potere, luoghi pubblici, luoghi di culto, fortificazioni, porti…). Nel I secolo AC (27 AC), nacque l’Impero Romano: il processo di espansione territoriale e di addensamento demografico venne ampliato e replicato, grazie al flusso continuo di capitali (provenienti da un commercio sempre più ad ampio raggio), che permetteva la messa a coltura di aree sempre più vaste, dalle quali si ricavavano ulteriori capitali; questa evoluzione permise lo sviluppo di grandi città (palazzi, monumenti, foro, circo…) e di poderose infrastrutture (ponti, strade, acquedotti, terme…), senza dimenticare i luoghi di culto (templi pagani prima, basiliche cristiane poi). Nel V secolo (476), crollò l’Impero Romano d’Occidente, sotto i colpi delle “invasioni barbariche”; in Europa il sistema implose: il territorio si frantumò in tante realtà locali e i maestosi centri imperiali lasciarono il posto a varie entità politiche (autonome), con città più piccole, meno commerciali e più militarizzate (poi fortificate per far fronte alla successiva “seconda ondata barbarica”, del IX-X secolo); su di esse si strutturò il Sacro Romano Impero (800). Nel XIII secolo, in Italia nacquero le città comunali (predominio della città sulla campagna), che poi cedettero il passo alle città signorili (predominio della campagna sulla città); da queste realtà si svilupparono gli Stati italiani (del Rinascimento, nel XIV-XV secolo). Nel XV secolo, con la scoperta dell’America (1492), le potenti città commerciali, affacciate sul Mediterraneo, iniziarono un lento e inesorabile declino, a favore di altre città costiere europee, proiettate verso gli scambi transoceanici (grazie alla loro posizione geografica). Nel XVIII-XIX secolo, ci fu un cambiamento epocale: la “Rivoluzione Industriale” (1760-1830), che produsse forti urbanizzazioni e portò alla crescita di nuovi grandi centri (con una massiccia migrazione dalle comunità rurali, in aree urbane), sia in Europa sia nelle Americhe sia in altre parti del Mondo; si tratta di città industriali (secondario), posizionate in prossimità delle fonti energetiche (giacimenti carboniferi). Nel XIX-XX secolo, con l’avvento delle tecnologie idroelettriche, per la prima volta nella Storia lo sviluppo del territorio cominciò a staccarsi dai condizionamenti energetici: l’energia poteva essere trasportata ovunque, mentre le città diventavano sempre più strutture erogatrici di servizi (terziario), iniziando a strutturarsi così come le vediamo oggi.
Città
Il termine “città” deriva dal termine anglo-latino “civitas” (civiltà), che è sinonimo del termine latino “urbs” (urbano). La città si definisce tale se possiede le seguenti caratteristiche: dimensione sufficientemente vasta (a sviluppo verticale → New York, o diffusa sul territorio → Los Angeles), popolazione numericamente elevata (più di ventimila persone → secondo l’ONU), popolazione decisamente eterogenea (diversificata → per ricchezza-occupazione-istruzione-lingua). L’agglomerato urbano si divide nei seguenti tipi: “area metropolitana” (una metropoli unita a più città minori → New York-Long Island), “conurbazione” (più città paritarie unite fra loro → San Francisco-Oakland-San Jose), “megalopoli” (più aree metropolitane o conurbazioni unite fra loro → Boston-New York-Filadelfia-Baltimora-Washington).
Reti-Nodi
Gli spostamenti delle persone, delle merci e dell’energia avvengono attraverso un insieme di “reti” (terrestri stradali ferroviarie, marittime e aeree), che avvolge tutta la Terra, collegando fra loro vari centri principali, chiamati “nodi” (fisicamente separati, ma comunque uniti da scambi di servizi-informazioni e da flussi di persone-merci-energia.)
Economia La “geografia economica” studia i fenomeni e le attività economiche, in relazione alla loro distribuzione sul territorio geografico (locale, nazionale, continentale, globale), individuando uno “spazio economico”. Essa è influenzata sia da fattori naturali (clima, territorio, posizione…) sia da fattori umani (cultura, religione, organizzazione…). Settori L’economia (produzione e consumo dei beni-servizi) può essere suddivisa in “quattro settori produttivi”, accorpando varie attività economiche, con caratteristiche comuni: “settore primario” (estrazione), “settore secondario” (trasformazione), “settore terziario” (distribuzione), “settore quaternario” (divulgazione). Primario Il settore produttivo che raggruppa tutte le attività legate allo sfruttamento delle risorse naturali (presenti nell’ambiente) viene detto “primario”, perché va incontro ai bisogni primari di sopravvivenza dell’individuo; tali attività sono le seguenti: agricoltura, allevamento-pesca, attività boschiva, attività mineraria…. Nei Paesi in via di sviluppo (Terzo Mondo), il primario risulta essere predominante, occupando gran parte della forzalavoro, mentre invece nei Paesi cosiddetti avanzati (Primo-Secondo Mondo) si affermano i settori successivi, con lo spostamento della rispettiva forza-lavoro, dal secondario al terziario (e al quaternario), man mano che progrediscono le società, dei Paesi industrializzati stessi (“Legge dei Tre Settori”). Nei Paesi moto grandi e non densamente popolati (Australia, Russia, Usa, Canada, Brasile, Argentina) si pratica l’agricoltura “estensiva”, ovvero la monocoltura in vasti spazi, che iniziò nella cosiddetta “Prima Rivoluzione Agricola” (10000 AC-1760), con il “sistema maggese” (periodico riposo del terreno), mentre nei Paesi più piccoli e densamente popolati (quelli dell’Europa, Asia Orientale, Asia del Sud, Sud-Est Asiatico) si pratica l’agricoltura “intensiva”, ovvero la policoltura in spazi ristretti, che si sviluppò con la “Seconda Rivoluzione Agricola” (1760-1860), utilizzando il “sistema Norfolk” (continua rotazione delle colture).
Secondario
Il settore produttivo che raggruppa tutte le attività di trasformazione delle materie prime in prodotti finiti (o
semilavorati) viene detto “secondario”, perché i prodotti industriali (e artigianali) sono destinati a soddisfare i bisogni
secondari dell’individuo, che sopraggiungono soltanto quando sono già stati soddisfatti i bisogni primari; tali attività
sono le seguenti: industrie di base (siderurgia, metallurgia, chimica…), industrie manifatturiere (tessile, abbigliamento,
alimentazione…), artigianato, edilizia….
Nei Paesi cosiddetti avanzati (Primo-Secondo Mondo), a differenza dei Paesi in via di sviluppo (Terzo Mondo), il
secondario risulta essere il primo step, prima dello spostamento verso il terziario, dato che l’industria rappresenta il
secondo stadio dello sviluppo economico. In alcuni Paesi (quelli dell’Africa, isole dei Caraibi), il processo di
industrializzazione, che iniziò in Europa con la “Prima Rivoluzione Industriale” (1760-1830) e si consolidò nel Mondo
con la “Seconda Rivoluzione Industriale” (1856-1878), oggi è ancora fermo ad un livello embrionale, mentre in vari
Paesi (quelli dell’Asia Orientale, Sud-Est Asiatico, Sud America), esso è in una fase di deciso decollo; in altri Paesi
(quelli dell’Europa, USA, Giappone), le attività industriali sono state superate da quelle del terziario-quaternario.
Il Primo-Secondo Mondo ha messo in atto un processo di “delocalizzazione”, con lo spostamento delle fabbriche nel
Terzo Mondo, dov’è possibile produrre a costi inferiori, per poi esportare verso le zone ricche del Mondo; questo
meccanismo ha riequilibrato parzialmente la distribuzione fortemente irregolare del settore secondario, sulla Terra.
Terziario
Il settore produttivo che raggruppa tutte le attività immateriali dei servizi viene detto “terziario”, perché nell’economia
di un Paese si sviluppa prima il settore primario, poi quello secondario e solo successivamente il settore terziario; tali
attività sono le seguenti: trasporti, logistica, commercio, finanza….
Nei Paesi cosiddetti avanzati (Primo-Secondo Mondo), il processo innescato dalla “Terza Rivoluzione Industriale”
(1950-oggi), che prese il via posteriormente al Secondo Dopoguerra (1945), risulta oggi tuttora in atto, con il
progressivo spostamento della forza-lavoro, dal settore secondario al terziario (oggi al 60-70%).
Le aziende delle economie sviluppate ricorrono ad imprese esterne (outsorcing), per lo svolgimento di alcune fasi del
proprio processo produttivo (pur mantenendone il controllo), alimentando il processo di “deindustrializzazione” dei
Paesi cosiddetti avanzati (Primo-Secondo Mondo), ma accrescendo il peso del settore terziario, nella loro economia
nazionale; questa internazionalizzazione della produzione ha fatto aumentare gli scambi fra i diversi continenti, con un
enorme incremento del commercio globale (che è aumentato di venti volte, dal 1948 ad oggi). I principali Paesi
esportatori sono i seguenti: quelli dell’Europa, Cina, USA, Giappone, Corea del Sud, Russia.
Quaternario
Il settore produttivo che raggruppa tutte le attività immateriali della conoscenza, viene detto “quaternario” (o “terziario
avanzato”), perché rappresenta il quarto e ultimo stadio dello sviluppo economico di un Paese (in fase avanzata di
“terziarizzazione”); tali attività sono le seguenti: comunicazione (telematica), informazione (informatica), istruzione
(scolastica), ricerca (scientifica)….
Nei Paesi con un economia fortemente sviluppata (Primo-Secondo Mondo) è sempre più presente il quaternario, poiché
questo settore richiede grandi investimenti, manodopera con elevata preparazione professionale e forte specializzazione.
In Inghilterra, i settori terziario e quaternario (insieme) rappresentano la maggior parte dell’economia, impiegando i due
terzi della forza-lavoro.
Economia La “geografia economica” studia i fenomeni e le attività economiche, in relazione alla loro distribuzione sul territorio geografico (locale, nazionale, continentale, globale), individuando uno “spazio economico”. Essa è influenzata sia da fattori naturali (clima, territorio, posizione…) sia da fattori umani (cultura, religione, organizzazione…). Settori L’economia (produzione e consumo dei beni-servizi) può essere suddivisa in “quattro settori produttivi”, accorpando varie attività economiche, con caratteristiche comuni: “settore primario” (estrazione), “settore secondario” (trasformazione), “settore terziario” (distribuzione), “settore quaternario” (divulgazione). Primario Il settore produttivo che raggruppa tutte le attività legate allo sfruttamento delle risorse naturali (presenti nell’ambiente) viene detto “primario”, perché va incontro ai bisogni primari di sopravvivenza dell’individuo; tali attività sono le seguenti: agricoltura, allevamento-pesca, attività boschiva, attività mineraria…. Nei Paesi in via di sviluppo (Terzo Mondo), il primario risulta essere predominante, occupando gran parte della forzalavoro, mentre invece nei Paesi cosiddetti avanzati (Primo-Secondo Mondo) si affermano i settori successivi, con lo spostamento della rispettiva forza-lavoro, dal secondario al terziario (e al quaternario), man mano che progrediscono le società, dei Paesi industrializzati stessi (“Legge dei Tre Settori”). Nei Paesi moto grandi e non densamente popolati (Australia, Russia, Usa, Canada, Brasile, Argentina) si pratica l’agricoltura “estensiva”, ovvero la monocoltura in vasti spazi, che iniziò nella cosiddetta “Prima Rivoluzione Agricola” (10000 AC-1760), con il “sistema maggese” (periodico riposo del terreno), mentre nei Paesi più piccoli e densamente popolati (quelli dell’Europa, Asia Orientale, Asia del Sud, Sud-Est Asiatico) si pratica l’agricoltura “intensiva”, ovvero la policoltura in spazi ristretti, che si sviluppò con la “Seconda Rivoluzione Agricola” (1760-1860), utilizzando il “sistema Norfolk” (continua rotazione delle colture).
Secondario
Il settore produttivo che raggruppa tutte le attività di trasformazione delle materie prime in prodotti finiti (o
semilavorati) viene detto “secondario”, perché i prodotti industriali (e artigianali) sono destinati a soddisfare i bisogni
secondari dell’individuo, che sopraggiungono soltanto quando sono già stati soddisfatti i bisogni primari; tali attività
sono le seguenti: industrie di base (siderurgia, metallurgia, chimica…), industrie manifatturiere (tessile, abbigliamento,
alimentazione…), artigianato, edilizia….
Nei Paesi cosiddetti avanzati (Primo-Secondo Mondo), a differenza dei Paesi in via di sviluppo (Terzo Mondo), il
secondario risulta essere il primo step, prima dello spostamento verso il terziario, dato che l’industria rappresenta il
secondo stadio dello sviluppo economico. In alcuni Paesi (quelli dell’Africa, isole dei Caraibi), il processo di
industrializzazione, che iniziò in Europa con la “Prima Rivoluzione Industriale” (1760-1830) e si consolidò nel Mondo
con la “Seconda Rivoluzione Industriale” (1856-1878), oggi è ancora fermo ad un livello embrionale, mentre in vari
Paesi (quelli dell’Asia Orientale, Sud-Est Asiatico, Sud America), esso è in una fase di deciso decollo; in altri Paesi
(quelli dell’Europa, USA, Giappone), le attività industriali sono state superate da quelle del terziario-quaternario.
Il Primo-Secondo Mondo ha messo in atto un processo di “delocalizzazione”, con lo spostamento delle fabbriche nel
Terzo Mondo, dov’è possibile produrre a costi inferiori, per poi esportare verso le zone ricche del Mondo; questo
meccanismo ha riequilibrato parzialmente la distribuzione fortemente irregolare del settore secondario, sulla Terra.
Terziario
Il settore produttivo che raggruppa tutte le attività immateriali dei servizi viene detto “terziario”, perché nell’economia
di un Paese si sviluppa prima il settore primario, poi quello secondario e solo successivamente il settore terziario; tali
attività sono le seguenti: trasporti, logistica, commercio, finanza….
Nei Paesi cosiddetti avanzati (Primo-Secondo Mondo), il processo innescato dalla “Terza Rivoluzione Industriale”
(1950-oggi), che prese il via posteriormente al Secondo Dopoguerra (1945), risulta oggi tuttora in atto, con il
progressivo spostamento della forza-lavoro, dal settore secondario al terziario (oggi al 60-70%).
Le aziende delle economie sviluppate ricorrono ad imprese esterne (outsorcing), per lo svolgimento di alcune fasi del
proprio processo produttivo (pur mantenendone il controllo), alimentando il processo di “deindustrializzazione” dei
Paesi cosiddetti avanzati (Primo-Secondo Mondo), ma accrescendo il peso del settore terziario, nella loro economia
nazionale; questa internazionalizzazione della produzione ha fatto aumentare gli scambi fra i diversi continenti, con un
enorme incremento del commercio globale (che è aumentato di venti volte, dal 1948 ad oggi). I principali Paesi
esportatori sono i seguenti: quelli dell’Europa, Cina, USA, Giappone, Corea del Sud, Russia.
Quaternario
Il settore produttivo che raggruppa tutte le attività immateriali della conoscenza, viene detto “quaternario” (o “terziario
avanzato”), perché rappresenta il quarto e ultimo stadio dello sviluppo economico di un Paese (in fase avanzata di
“terziarizzazione”); tali attività sono le seguenti: comunicazione (telematica), informazione (informatica), istruzione
(scolastica), ricerca (scientifica)….
Nei Paesi con un economia fortemente sviluppata (Primo-Secondo Mondo) è sempre più presente il quaternario, poiché
questo settore richiede grandi investimenti, manodopera con elevata preparazione professionale e forte specializzazione.
In Inghilterra, i settori terziario e quaternario (insieme) rappresentano la maggior parte dell’economia, impiegando i due
terzi della forza-lavoro. Risorse La vita di tutti gli abitanti della Terra dipende dall’esistenza delle “risorse naturali”, che nel loro insieme costituiscono il “capitale naturale” dell’uomo, sul quale si basano tutte le sue attività economiche. Si può definire “risorsa” la materia prima, solo nel momento in cui viene utilizzata per soddisfare i bisogni umani, mentre la “riserva” è quella parte di risorse sfruttabile con mezzi e tecnologie, disponibili in un dato momento storico (il petrolio non era considerato una risorsa-riserva, prima che l’uomo imparasse ad utilizzarlo, mentre oggi lo è). Le risorse naturali, molto varie e differenziate (per accessibilità, durata, provenienza, impiego), vengono raggruppate secondo le seguenti macro-categorie: “ambientali” (sole, suolo, aria, acqua, fauna, flora), “minerarie” (metalli, minerali, pietre preziose, combustibili fossili) ed “energetiche” (rinnovabili-ambientali, non rinnovabili-minerarie). Energia Con la Rivoluzione Industriale (1760-1830), le fonti di energia “convenzionali” (come la legna) divennero insufficienti per questo nuovo tipo di sviluppo e così iniziò lo sfruttamento (sempre più intensivo) dei combustibili fossili: dapprima il carbone, per poi arrivare al petrolio e successivamente al gas naturale. Le riserve di combustibili fossili derivano dai resti di piante-animali, rimasti sepolti per milioni di anni, fino a trasformarsi in materiale solido (carbone), liquido (petrolio) e gassoso (gas naturale); queste risorse sono ricchissime di carbonio e durante la combustione producono notevoli quantità di energia, indispensabile per qualsiasi attività umana (produzione, trasporto, illuminazione, riscaldamento…); esse, seppure presenti in grandi quantità, sono pur sempre limitate, necessitano di milioni di anni per ricomporsi e quindi appartengono alle fonti energetiche “esauribili”, cioè non rinnovabili-minerarie (come anche i metalli e i prodotti per l’edilizia). Le principali fonti energetiche “non esauribili”, cioè rinnovabili-ambientali (che traggono energia dal sole, suolo, aria, acqua, fauna, flora), si rigenerano costantemente e non si esauriscono con il loro utilizzo, ammesso che esso sia inferiore (o uguale) al tasso con il quale le risorse stesse si rinnovano. L’energia elettrica (nel Mondo) viene prodotta in gran parte utilizzando i combustibili fossili (70% circa), in minor misura ricorrendo al nucleare (10% circa), in parte usando le rinnovabili (20% circa); queste ultime vedono un utilizzo prevalente delle risorse “idriche” (la forza dell’acqua, raccolta in grandi dighe, per azionare le turbine di centrali idroelettriche), secondariamente delle risorse “eoliche” (la forza del vento, abbondante in alcune aree, per azionare le pale dei generatori eolici) e delle “biomasse” (la combustione del biogas, generato da materiali organici amimalivegetali, per azionare i motori delle centrali bioelettriche), in minima parte dell’“irraggiamento solare” (i raggi del Sole, ovviamente discontinui nel passaggio giorno-notte, catturati in pannelli fotovoltaici, che generano energia elettrica) e del “vapore geotermico” (il vapore a fortissima pressione, proveniente dal sottosuolo di poche zone geologicamente attive, per azionare le turbine di centrali geotermoelettriche). Gas Nel 1973, si verificò la prima grande crisi petrolifera, che pur avendo un’origine politica (dovuta alla decisione dei Paesi produttori arabi di triplicare il prezzo al barile del petrolio greggio, per punire i Paesi che appoggiavano Israele), portò in primo piano la fragilità dei Paesi occidentali (e del Giappone), sul fronte dei rifornimenti energetici; quindi, si cercò di seguire una nuova direzione: ricerca di nuovi giacimenti e (in parallelo) deciso aumento dello sfruttamento del gas naturale. Furono le grandi multinazionali a raccogliere la sfida, notando la dimensione globale dell’economia (come produzione-mercato), dando vita a quel processo di globalizzazione, che ha poi ridotto i poteri degli Stati. Oggi, il gas risulta essere un elemento fondamentale, dato che per i Paesi industrializzati sarà una risorsa sempre più imprescindibile e di vitale importanza; secondo vari esperti, il prezioso “oro blu” sarà destinato a prendere il posto del petrolio, come la più importante risorsa energetica, utilizzata dal Mondo Contemporaneo (già dal 2030). Il gas ha numerosi pregi rispetto al petrolio (superiore valore calorifico, minore emissione di anidride carbonica e maggiore facilità di trasporto); le sue riserve, con il consumo attuale, dovrebbero durare per circa tre secoli (secondo l’AIEA). Distribuzione Le risorse naturali energetiche non rinnovabili-minerarie, vitali per Mondo Contemporaneo (industrializzato), non sono distribuite in modo omogeneo sulla Terra: alcuni Paesi controllano vasti giacimenti di gas-petrolio, altri invece (come quelli europei e il Giappone) sono costretti ad importare tali idrocarburi; vi sono grandi produttori-esportatori (come la Russia, i Paesi del Medio Oriente, l’Algeria e il Venezuela), che traggono profitto dalle loro ricchezze naturali, e grandi produttori-non esportatori (come gli USA), che puntano all’indipendenza energetica (autarchia), utilizzando solo le loro risorse naturali (grazie alle recenti tecniche estrattive, che consentono di sfruttare anche i giacimenti di “gas scisto”). Questa non omogenea distribuzione (di tali risorse) genera squilibri economici, ma anche tensioni geopolitiche (a livello mondiale), dato che gli Stati produttori-esportatori (di gas-petrolio) utilizzano l’arma energetica come strumento di pressione, nei confronti dei Paesi consumatori-importatori (l’Europa dipende in gran parte dal gas russo, ma è altrettanto vero che l’UE risulta essere il principale cliente di Mosca, che deve pur vendere il suo prezioso “oro blu”). Sostenibilità Nel 1987, la Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo (istituita dall’ONU) introdusse il concetto di “sviluppo sostenibile” (per soddisfare i bisogni del presente, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri), indicando le seguenti linee guida: l’utilizzo delle risorse dovrebbe essere inferiore (o uguale) al tasso con il quale le risorse stesse si rinnovano e anche la produzione dei rifiuti dovrebbe essere inferiore (o uguale) alla capacità naturale di assorbimento dei vari ecosistemi.

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